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martedì 29 gennaio 2013

Il mio primo racconto Noir  

Ditemi come sempre cosa ne pensate

RACCONTO NOIR. UNA GIORNATA DÌ MERDA



UNA GIORNATA DÌ MERDA

Nome – Franco
Cognome – Carri
Età – 35 anni
Domicilio – Milano “Quarto Oggiaro”
Professione – Ispettore di pubblica sicurezza



Alle 10 del mattino con aria assonnata la barba lunga di tre giorni, Franco usciva dal suo monolocale di Via Amoretti a Quarto Oggiaro con i soliti jeans lisi, la maglietta di cotone blu, le scarpe da tennis bianche e azzurre e un giubbotto di pelle nera.
Aveva dormito solo qualche ora, la notte precedente aveva fatto un lungo appostamento fino quasi al alba, a trentacinque anni ne dimostrava quaranta e quella mattina forse anche di più.
Sindi la sua compagna era uscita di casa molto presto per andare a lavorare nel bar dove Franco stava andando a fare colazione.
Da ormai sedici mesi vivevano insieme, un vero record per Franco, con la moglie tra fidanzamento matrimonio e separazione erano passati quindici mesi.
Sindi Koval era Albanese di madre e Croata di padre, 29 enne, ex prostituta che dopo qualche anno si era ribellata alla banda di Albanesi che la sfruttava, grazie all’ aiuto di Franco Carri Ispettore della squadra mobile era riuscita ad uscire dal giro e ora faceva la barista, per 950 euro al mese, lavorando dalle sette del mattino alle otto di sera.
Mancavano pochi metri al ingresso del bar, Franco senti il rombo di una potente moto rallentare alle sue spalle, allenato ad annusare il pericolo dai molti anni di servizio si girò di scatto, vide quello che stava seduto dietro la moto estrarre una pistola, agì velocemente come era abituato a fare, si butto per terra, tiro fuori dal giubbotto di pelle nero la sua Beretta 92 e rispose al fuoco rotolando sul marciapiede fino a trovare riparo dietro un cassonetto del’immondizia, tra le urla spaventate dei passanti.
Per puro caso una volante passava di li e i due agenti cominciarono a sparare in aria, visto che la situazione si era messa male rapidamente il bandito risali sulla moto e i due partirono velocemente inseguiti dalla volante.
La prima persona che vide arrivare verso di lui, quando era ancora sdraiato a terra fu Sindi di corsa.
-Sei ferito. Gli chiese
-No tutto a posto. Rispose lui
-Sono ancora quei maledetti, non ci lasceranno mai in pace. Disse Sindi col volto rosso dalla rabbia.
-Non ti preoccupare tra un po’ li arrestiamo tutti vedrai.  

La giornata era cominciata decisamente male per Franco Carri ispettore di pubblica sicurezza e prosegui ancora peggio, alla caserma di via Satta, il commissario Italo Gatti, un uomo sessantenne, vecchio stampo, autoritario con una certa arroganza di natura, concio subito ad incalzarlo di domande sulla sparatoria.
-Commissario, sono sicuro che sono stati quelli della banda Knezevic, lo sa che è per Sindi.
-Come fai ad esserne sicuro?
-Intuito da poliziotto.
-Se sono loro sai che non possiamo arrestali, ci servono per arrivare ai pesci grossi che trafficano in droga.
-Ok ma cerchiamo almeno di spaventarli, altrimenti io ci lascio le penne.
-Resisti ancora per un po’ appena abbiamo preso i capi li arrestiamo.

Knezevic era la banda che aveva portato clandestinamente Sindi in Italia e poi l’avevano costretta a prostituirsi sui marciapiedi della periferia Milanese, Goran e Louban i due fratelli Knezevic erano i capi, Sindi era loro cugina e fu tra le prime vittime della banda, lei si era fidata, le avevano promesso un buon lavoro onesto e ben pagato, invece le avevano dato un sacco di botte e pesantemente minacciata finché aveva dovuto piegarsi ai loro voleri.

Alle otto e mezzo di sera, quando Franco tornò a casa era nervoso, apri la porta del appartamento e stranamente tutte le luci erano spente, Sindi doveva essere in casa da almeno un venti minuti, invece non c’era traccia di lei.
Franco la chiamò subito al cellulare.
Dopo numerosi squilli rispose una voce di uomo con forte accento del est.
-Tra un ora sullo spiazzo del mercato. Disse e riattaccò
Franco puntuale dopo un ora era sullo spazio dove il venerdì si tiene il mercato, ma non c’era nessuno, attese più di mezzora, quando arrivò Goran su di un Mercedes nuovo fiammante.
Si fermò ad un metro da Franco, rischiando di travolgerlo.
-Dove è Sindi? Bastardo.
-Non ti preoccupare per sta bene,
-Pezzo di merda, fammela vedere.
-Ci siamo ripresi la nostra puttana caro ispettore, se la rivuoi devi pagare 30.000 euro
Domani a mezzanotte qui con i soldi o non la rivedi più.
Goran, risali in macchia e se ne andò guidando più veloce di un pilota di rally.
Franco rimase in mobile a guardarlo.
“Proprio una giornata di merda.” Pensò

La mattina dopo Franco andò al commissariato molto presto,  il commissario Gatti era già al lavoro, Franco entrò nel suo ufficio, parlarono per circa un ora.
Intervenire voleva dire mandare al aria tutta l’operazione che portava ai capi dell’organizzazione, non intervenire voleva dire mettere seriamente a rischio di Sindi.



Al ora stabilita tutta la zona era piena di poliziotti in borghese pronti ad intervenire.
Franco si presentò puntuale con in mano una valigetta che in realtà era piena di carta straccia, anche volendo non aveva quella cifra.
Dopo circa venti minuti arrivò il Mercedes, Goran guidava e Louban era seduto dietro con Sindi e le puntava una pistola puntata alla tempia, Goran si fermò ad una certa distanza.
Franco alzò la valigetta per fargliela vedere,  Goran scese dalla Mercedes e Louban rimase con Sandi, mentre Goran si avvicinava, Louban sulla macchina rispose al cellulare, tenendo sempre la pistola puntata su Sandi, dopo un attimo scattò fuori dalla vettura urlando qualcosa in Albanese, Goran ritornò di corsa verso l’auto, i poliziotti in borghese ricevettero l’ordine di fare fuco, una raffica di proiettili si abbatté sui due fratelli colpendo a morte Louban e ferendo Goran, purtroppo un proiettile colpi anche l’ostaggio, Franco corse subito da lei ma fece appena in tempo a vederla esalare l’ultimo respiro.


giovedì 10 gennaio 2013

L’AMANTE ARABO


Rashid fece cenno a mia moglie di avvinarsi, lei obbedì, la afferrò per il vestitino leggero che indossava la trascinò nel letto, si accorse che sotto il vestitino non portava nulla. La prese per i fianchi e tirò su il vestito, contemplò il triangolo di peli biondi accuratamente tagliati.
Mia moglie prese spontaneamente in mano il pene grossissimo, almeno il doppio se non di più del mio sia in lunghezza che in circonferenza, era splendidamente eretto, ne avvicinò la punta alla sua vagina, Rashid non perse tempo fece forza sulle anche con tutte e due le mani e la impalò di colpo sul suo pene imponente, lei urlò dal male, per Rashid lei era solo un oggetto di piacere, quando fu completamente dentro di lei continuando a dare grandi colpi di reni come se volesse squartarla, le mise a nudo il seno e cominciò a stringere con forza i capezzoli.
Mia moglie si mordeva le labbra per non urlare e tratteneva a stento le lacrime di dolore.
Quando dopo aver dato l’ultimo colpo di reni e aver raggiunto l’orgasmo si lasciò cadere su letto scostò con un gesto brutale mia moglie, lei si avvicino per darle un bacio ma lui la allontanò.
I ero in piedi vicino alla porta della camera nudo con il pene ingabbiato in una CB3000, una cintura di castità maschile che Rashid mi aveva imposto di portare da quando frequentava mia moglie e di qui custodiva lui le chiavi.
-Prepara bagno.
Fu l’ordine secco e perentorio che mi diede Rashid, andai in bagno e preparai la vasca da bagno, dopo pochi minuti lui arrivò e vi si immerse.
-Maddalena, qui subito. Urlò
Mia moglie lo raggiunse aveva uno sguardo radioso.
Si inginocchio nella grande vasca e cominciò a massaggiarlo, in breve tempo a Rashid ritorno duro come il marmo.

Mia moglie Maddalena aveva compiuto 30 anni qualche giorno prima, bionda naturale con un viso dolce da brava ragazza di una volta, un seno sodo e abbondante, lo sguardo timido da cerbiatta impaurita, inaspettatamente si era presa un cotta per il nostro vicino di casa Raschid 44 enne arabo.
Eravamo sposati da 2 anni, dopo 5 di fidanzamento, io ero convinto che non mi avesse mai tradito invece mi confessò poco prima di sposarci che durante il fidanzamento aveva avuto una relazione di tre mesi con un uomo Egiziano.
Non mostrò il minimo pentimento, anzi magnificava in continuazione la sua virilità la sua forza e le capacità amatorie.
Mi disse anche che era finita semplicemente perché lui era tornato in Egitto, non per altro ne seguì una bella litigata poi una lunga discussione, poi abbiamo deciso di metterci una pietra sopra e non parlarne più, ci siamo sposati, tutto è filato liscio fino a quando Rashid è arrivato ad abitare al piano di sopra di noi.
Maddalena ha cominciato subito a truccarsi con più cura a vestirsi in modo da mettere in risalto le sue forme ad andare più spesso dal parrucchiere.
Un pomeriggio che lo abbiamo incrociato mentre uscivamo mia moglie mi disse.
-Dici che mi ha notato il signor Whalid. Era il nome che c’era sul citofono e sulla casella della posta “Raschid Whalid.”
-Perche? Chiesi.
-Gianni, un uomo Arabo cosi bello, la fortuna che abita sopra di noi, sarebbe il massimo se diventassi la sua amante.
Rimasi sbigottito non sapevo più cosa dire la sua naturalezza era sconcertante, rimasi in silenzio per molto tempo a pensare alle sue parole, man mano che la rabbia svaniva cominciai a provare da prima una sensazione strana poi un eccitazione nel pensare a mia moglie che andava a letto con quel uomo.
La sera a cena le chiesi.
-Ma davvero diventeresti l’amante del signor Whalid?
-Certo, è bello come solo gli uomini arabi lo sono e a letto sono superiori a chiunque altro.
-Ma sai come trattano e considerano le donne.
-Balle, sono uomini veri, gli ultimi rimasti.
-E io?
-Tu sei mio marito cosa centra, ti voglio bene ma ormai il sesso con te è scontato.
Ci fu un lungo momento di silenzio poi lei disse
-Sbrigati ad invitarlo a cena.
Dopo molti ripensamenti, paure, gelosie, lo invitai,  Maddalena elegantissima sfoggiava un abitino rosso di raso monospalla con decoro di paillettes sulla spallina, essendo alta e slanciata le stava benissimo.
La cena si svolse tranquillamente si parlò dell’ più e dell’ mano, scoprimmo che Rashid era uomo d’affari Saudita, mia moglie lo guardava sempre più con aria languida e lui la spogliava con gli occhi
 Finito di mangiare, Maddalena mi disse.
-Ci pensi tu a lavare i piatti, noi ci accomodiamo in salotto a chiacchierare e intanto metti su il caffè.
Uscirono dalla cucina dove avevamo cenato e andarono nel salotto lasciando la porta aperta, mentre io lavavo i piatti li sentivo chiacchierare ridere e poi parlare a bassa voce, dopo un po’ di tempo portai il caffè e poi mi sedetti insieme a loro sul divano.
Ancora fu mia moglie a parlare.
-Signor Whalid, come le dicevo prima, se per lei va bene, io posso essere sua in modo totale come una schiava e sottomettermi a tutti suoi desideri, io lo vorrei davvero.
Raschid mi guardò e io arrossii in viso, lui rimase in silenzio
Maddalena, si fece scivolare il vestito rimanendo nuda, si inginocchiò ai suoi piedi e lo pregò di usarla, lo chiamò, mio signore e gli disse che voleva diventare la sua schiava.
Raschid si rivolse a me che ero imbarazzatissimo ma anche eccitatissimo.
-Tu cosa dici?
-Sarebbe un vero onore per me se mia moglie diventasse la vostra amante-schiava. Dissi.
-Allora inginocchiati anche tu al suo fianco  e supplicatemi di diventare il vostro padrone.
Raschid era seduto sul divano in modo regale, noi lo guardavamo dal basso verso l’alto.
-Signor Raschid la supplichiamo umilmente di diventare il nostro signore e padrone.
-Va bene, sarete i mie schiavi. Rispose
-Desidera il mio signore e padrone che lo aiuti a spogliarsi. Chiese Maddalena.
Lui la afferrò la trascinò a se e la baciò sulla bocca, sembravano due innamorati due giovani fidanzati che si amavano.
-Ogni volta che vorrai sarò pronta a sottomettermi, sarò la tua schiava.
Disse sussurrando Maddalena poi si inginocchiò carponi e andò a baciarle le scarpe.
Lui fu colpito dal gesto.
Non conoscevo questa vena sottomessa di mia moglie ma mi eccitavo da morire.

Da quella sera, tutti i giorni Rachid e mia moglie si vedevano a casa nostra o su da lui facevano l’amore, io ero sempre assente.
Padron Raschid una sera venne da noi con la CB3000,mi fece spogliare nudo e dopo avermi umiliato a lungo davanti a mia moglie per via delle mie dimensioni ordinò a Maddalena di mettermela, lei me la infilò poi chiuse con il piccolo lucchettino in dotazione e le consegnò le chiavi.
Senza dire una parola gettò mia moglie sul divano, si mise sopra a cavalcioni, vedevo il suo membro enorme rosso duro come un bastone, lo puntò verso la vagina di Maddalena e si lasciò cadere sopra con tutti i suoi novanta chili, la penetro a lungo mostrando una grande capacità di autocontrollo spingeva sempre fino in fondo con colpi fortissimi
-Ti adoro Padron Raschd mi sento cosi bene cosi piena hai un cazzo magnifico, sono la tua schiava devota. Continuarono cosi fino a quando raggiunsero insieme un orgasmo completo ed appagante.

Raschid ad un certo punto mentre mia moglie lo stava massaggiando dentro la vasca si alzò spruzzando acqua da tutte le parti e usci dalla vasca, Maddalena lo segui, lui andò a prendere un gatto a nove code che teneva in un cassetto, ci ordino di metterci in ginocchio con la testa per terra e il sedere in alto ben offerto cominciò a frustarci entrambi con furia provocandoci dolore dopo pochi colpi io invocai pietà mentre mia moglie sopportava in silenzio, quando smise ci ordinò di aprirci le natiche con la mani, con brutalità inculò prima Maddalena e poi me.
Provai un bruciore atroce e urlai mentre lui senza pietà lo infilava fino in fondo, ad un tratto si ritirò ma solo per infierire di nuovo finché lui raggiunse l’orgasmo e il suo membro perse rigidità.



     





mercoledì 2 gennaio 2013

Una donna che ha un amante è un angelo, una donna che ha due amanti è un mostro, una donna che ha tre amanti è una donna.
Victor Hugo